Cronache della società in rete
Questi sono gli appunti della costruzione dei due reportage andati in onda su RaiNews24 l'11 luglio 2019.
Nel reportage ogni argomento viene trattato come una piccola storia attraverso cui arrivare all'argomento generale. Per un approccio interdisciplinare alla tecnica, vengono intervistati informatici, giuristi e sociologi come parte del più ampio discorso su Privacy e Algoritmica.
Captatori informatici
Captatore informatico è il termine giuridico che indica un virus in grado di prendere all'insaputa dell'utilizzatore il controllo del smartphone. Questi software vengono prodotti in ambito privato, sia in Italia che all'estero. Intervista a Claudio Agosti, tecnologo etico che ha prestato la sua consulenza nel documentario sulla sorveglianza elettronica di massa: Nothing to hide di Marc Meillassoux e Mihaela Gladovic. Cosa è e cosa fa un captatore, la sua reperibilità sul mercato e i costi. Intervista a Enrica Priolo, giurista penalista su cosa è un captatore informatico nell'indagine giudiziaria. Intervista a Carlo Blengino, giurista penalista sulla regolamentazione e l'impatto sociale del captatore informatico: soluzioni legali. Il difficile equilibrio tra sicurezza e privacy nella società civile.
"L'identità di una persona in rete è composta dall'insieme dei suoi dati" Stefano Rodotà, 1996. Cosa può fare una persona per tutelare l'integrità del proprio sé digitale? Cosa può fare l'istituzione? Quali altri soggetti hanno voce?
Virus per telefonini, malware: programmi che prendono possesso del smartphone. Utilizzati dalle istituzioni per combattere la mafia, ma anche dalla criminalità organizzata. Vengono realizzati e venduti da aziende anche al di fuori dei canali istituzionali. Il loro prezzo è sceso fino a diventare accessibile a privati. Nell'ambito di tutela della privacy sono stati definiti: "tortura sul corpo digitale". Ne parliamo a partire dal pensiero di Stefano Rodotà sull'integrità della persona in rete. Possono i captatori convivere in una società civile?
I Social Network autogestiti
Non esistono solo i social network commerciali, ma anche dei social network autogestiti, tecnicamente grazie al software libero, socialmente grazie all'attività di gruppi che desiderano una socialità in rete non commercializzata e rispettosa della privacy. Mastodon è il software / social network del momento. Intervista a Silvia Semenzin, sociologa digitale, Carlotta Cossutta del collettivo femminista Ambrosia e Samba, programmatore dell'istanza Mastodon Cisti.
In Mastodon non c'è pubblicità: E ogni istanza è in grado di federarsi con le altre in quello che viene definito FEDIVERSO, permettendo agli utenti di scambiare messaggi tra loro, senza che ci sia una centralizzazione. Il collettivo femminista Ambrosia di Milano ha scritto il libro: Smagliature digitali, riflessioni sulle relazioni tra corpi e tecnologie, e assieme al collettivo lab61 hanno poi creato una instanza di Mastodon, chiamata Nebbia. Mastodon è codificabile e gestibile. Ogni istanza è locale, ma si può federare con le altre: Sono nate diverse istanze Mastodon in Italia, La prima è stata Bida di Bologna, e ne esiste anche una a Torino, chiamata Cisti. Mastodon è software libero. Oggi la socialità in rete oggi si può scegliere e gestire, un'altra rete sociale è possibile.
Per social network si intendono i servizi online che permettono di caricare foto o video e collegarsi ai propri amici o conoscenti. Dal punto di vista tecnico si tratta di Software as a Service, SAAS, ossia di un software che non gira sul proprio computer, ma sul computer di qualcun altro, solitamente il gestore del servizio, attraverso il navigatore. Nei telefonini, la app, il software, è solamente un client che permette di collegarsi al server che contiene i dati dell'utente. Quando parliamo di social network, nel mondo occidentale intendiamo soprattutto Facebook, il quale è di fatto il monopolista delle relazioni sociali in rete, mentre in Cina il social prevalente è Wechat. Seguono altri social tra cui alcuni meno generalisti e più specializzati come Twitter e innumerevoli altri come Badoo, Google plus e Linkedin. Questi social hanno tutti in comune tra loro l'essere commerciali, fornire il servizio all'utente in maniera cosiddetta gratuita, ma la gratuità in questo caso è solo apparente. I servizi fanno raccolta dei dati dei loro utenti, soprattutto del grafo delle relazioni, e li utilizzano per finalità commerciali e in alcuni casi, anche politiche. Le finalità commerciali sono evidenti, dall'inviare pubblicità mirata ad effettuare, nel caso di facebook su una banca dati vastissima, ricerche di mercato. La internet che conosciamo oggi è in prevalenza una rete commerciale che vive sul sistema di raccolta dati degli utenti. Con altre parole: se non paghi il servizio, e perché la merce sei tu. In realtà nella percezione dell'opinione pubblica, la scoperta che i servizi online facessero profitto con i dati degli utenti è relativamente recente e dovuta a una scoperta ben più importante. Nel 2018, grazie a una inchiesta di giornalisti del canale Tv inglese Channel 4, avviene il cosiddetto scandalo Facebook / Cambridge Analytica. Si viene infatti a sapere che la società Cambridge Analytica usava a scopo politico i dati degli utenti, fornendo loro informazioni su misura, azione che nel loro gergo tecnico viene detta segmentazione, allo scopo di influenzare le scelte elettorali. Cambridge Analytica riceveva i dati da Facebook, ufficialmente senza neanche pagarli ma come ricercatori, ma la sua azione negli anni li ha visto intervenire per influenzare le elezioni di Argentina, Nigeria, Italia e addirittura Stati Uniti. Quel che si scoprirà nel video è che per stessa ammissione del responsabile, Alexander Nix, le attività di Cambridge Analytica non si limitavano ad un uso spregiudicato dei dati, ma non disdegnavano altre attività più palesemente illecite, come l'utilizzo di sex workers per ricattare i candidati politici scomodi. Lo scandalo travolge Cambridge Analytica, chiudendola, ma anche Facebook. Quando il suo fondatore Mark Zuckemberg si recherà al Senato Americano per essere interrogato, alla domanda su quale sia la natura dei suoi affari risponderà: "Senatore, noi facciamo pubblicità" - Senator, we run ads. Fino ad allora Facebook non parlava di sé come di una agenzia pubblicitaria, ma come di un servizo gratis per mettere in collegamento le persone nel mondo. Eppure poco tempo prima un altro scandalo aveva scosso il gigante bianco e azzurro, quando aveva intenzionalmente modificato le informazioni ricevute da centinaia di migliaia di utenti, usate a tutti gli effetti come cavie scientifiche, per scoprire le reazioni comportamentali nel ricevere informazioni più allegre o più tristi. Si trattò del più grande esperimento in scala mai effettuato, ma avvenne all'insaputa delle persone che furono coinvolte.
Queste sono le criticità che hanno creato lo spazio e l'esigenza per la creazione di social network diversi, non commerciali e rispettosi dei dati e dunque della privacy degli utilizzatori. Stiamo parlando dei social network autogestiti e in particolare di Mastodon, una piattaforma di software libero che può essere installata da chiunque per creare una rete sociale grossomodo funzionante sullo stile di twitter: post brevi, followers e rilanci. La differenza sta nella gestione, la quale viene fatta in casa e non delegata a una entità commerciale, cade dunque la lavorazione dei dati degli utenti che diventa discrezionale per ogni istanza, come viene chiamata ognuna delle comunità di Mastodon, all'interno delle quali viene deciso il modo di agire, compreso il come rapportarsi alle molestie.
Mastodon nasce nel 2016, ogni istanza è in grado di federarsi con le altre in quello che viene definito Fediverso, permettendo agli utenti di scambiare messaggi con altri utenti, senza che ci sia una centralizzazione. Questo è reso possibile dall'utilizzo di un protocollo comune di funzionamento, in questo caso si tratta di Activepub. Una cosa impossibile nei social commerciali, dove per motivi di concorrenza un utente di Twitter non potrà mandare un messaggio a un utente di Facebook e viceversa. Mastodon non è il solo social network autogestito, ne esistono molti altri, più o meno utilizzati, tra cui Pletora, Matrix e Diaspora, quest'ultimo nato proprio per incitare l'abbandono dei social monopolisti. In italia sono nate nell'ultimo anno, ben tre diverse istanze di Mastodon, una a Bologna, Torino e Milano, chiamate rispettivamente Bida, Cisti e Nebbia.
Una cosa interessante che offre uno spazio sociale in rete gestito è il poter essere uno spazio più sicuro dei servizi commerciali, ossia dove le persone realmente si conoscono e per questa richiesta di privacy e di di convivialità non predatoria i primi utilizzi sono stati fatti in modo pioneristico dalle comunità LGBTQ+, lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ma anche queer e intersessuali.
Senza essere sorvegliati o indirizzati, vuoi a scopo pubblicitario o a scopo di creazione del consenso, lo scambio tra gli utenti diventa più rilassato e spontaneo all'interno di uno spazio sicuro, rispettoso di sensibilità ma anche di tempi e modi, in assenza di un incitamento a una produttività sempre maggiore che procura ansia da prestazione, tipica dei social commerciali che hanno bisogno di nutrirsi dei dati dei loro utenti. La privacy costa: gestire un social network comporta dei costi di gestione come l'affitto del server e della connettività, senza contare il lavoro tecnico, questi costi aumentano rapidamente quanto maggiore è il numero degli utenti connessi. Un conto è gestire un social di poche decine di persone, un conto di migliaia, i costi cambiano. Ad esempio una rete di 100 persone potrebbe costare 50 euro all'anno, ma allargandosi costerà molto di più. La libertà e la privacy costano, ma come diceva Seneca: la libertà non può essere gratis.