Apparso su Nòva, inserto del quotidiano Sole 24 Ore, il 28 aprile 2019
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Il modo più semplice per definire una blockchain è chiamarla registro digitale. È la tecnologia alla base delle criptovalute: una struttura dati condivisa e garantita crittograficamente, uno strumento che in termini pratici e politici può certificare identità, merci e governance.
Rispetto a un comune registro cartaceo, introduce le differenze tipiche del funzionamento del digitale e della rete, tra cui la decentralizzazione, la possibilità di stipulare contratti a distanza e di fare a meno di intermediari.
Il documentario Trust Machine di Alex Winter, rivela già dal titolo l'impatto e le aspettative che potrebbe avere sulla società. Unicef la usa per schedare i profughi, assegnando loro una identità per poterli inserire in una nuova società senza perderli di vista. Il World Food Program in Giordania controlla la distribuzione dei viveri attraverso la scansione dell'iride. A New York il progetto Brooklyn Microgrid registra il consumo di elettricità verde in un condominio per migliorare la distribuzione. L'innovazione tecnologica dunque non è la criptovaluta, ma è la macchina della fiducia che la stampa. Una tecnologia potente e non regolata, frutto della crittografia, che impiegherà tempo per rivelare il suo potenziale e che grazie alla caratteristica di decentralizzazione può alterare le relazioni di potere di posizioni consolidate nell’ambito del trust: banche, istituzioni, assicurazioni, mercato.
L'ottimismo verso la nuova tecnologia è stato moderato dall'intervento del crittografo americano Bruce Schneier, il quale, partendo dalla considerazione che la fiducia è il collante sociale, colloca la generazione della fiducia in un quadro composto da quattro elementi: sistema morale o reputazionale, due caratteristiche applicabili nelle piccole comunità, intermediario in grado di sanzionare come le istituzioni e infine un sistema di sicurezza capace di verifica. Le conclusioni sono chiare: il sistema blockchain è l'architettura, utile solo per la verifica e dunque è inutile per la trasmissione della fiducia. Chi pensa il contrario confonde il controllo con la fiducia.
Inoltre la blockchain non è inattaccabile: lo scorso gennaio qualcuno ha preso controllo della forza computer di Ethereum Classic (Etc) e l'ha usata per riscrivere la storia delle transazioni, potendo così spendere due volte la stessa moneta. Le conseguenze di una fiducia malriposta in ambito informatico possono essere disastrose e senza ritorno. Una blockchain chiede fiducia nella tecnologia e in tutti gli elementi che la compongono, dal software al computer alla rete, forse dimenticando che sono costruite e manovrate da esseri umani.
A seconda di cosa intendiamo per blockchain, questa potrebbe fallire come strumento di trasmissione della fiducia e rivelarsi solo uno strumento di marketing o di controllo. Il controllo sembra essere la soluzione più economica per qualsiasi forma di governance che non abbia le risorse per investire nell'educazione o capacità di condurre. Ad esempio un direttore d'orchestra non controlla i musicisti, ma li guida. Introdurre innovazioni tecniche nell'ambito del consenso senza che la popolazione abbia gli strumenti per giudicarli o utilizzarli presenta notevoli rischi e l'ambito dove questo è più visibile è quello dell'automazione della burocrazia, soprattutto in ambito legale e di voto elettronico. Per il momento la blockchain dovrà convivere con i sistemi di registrazione tradizionali nello sviluppo di un sistema socio-tecnologico. John Gilmore, fondatore della Eff, ha sottolineato "È un esperimento in corso, vedremo evoluzione e caos".