Hackmeeting Roma (Scambio e libera comunicazione)

Apparso su il Manifesto il 4 luglio 2010.

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link (dead) esterno: articolo su il Manifesto online del 4 luglio 2010

Scambio e libera comunicazione: sono le parole utilizzate nel definire il primo Hackmeeting italiano (Hack-It) nel 1998. Il tredicesimo incontro della comunità acara italiana che si conclude oggi al Centro Sociale La Torre di Roma ha visto tanto di entrambe. In una cornice diversa però: all'interno di uno spazio non-industriale in quanto non cementato, dedicato all'autogestione e alla formazione, attento alla produzione del cibo e all'ecologia dello spazio, sapone autoprodotto e bicchieri da birra in mais. Spazi verdi e fresca bellezza estiva. Si è parlato come gli altri anni di controllo, di elettronica, di media, di autoproduzione. Sempre più seminari trattano della conservazione dell'ambiente, di riciclo e decrescita, alimentazione dal basso ed autocostruzione. E ragionare sul -come- sopravvivere alla catastrofe è un ottimo modo di sperimentare. E' presente al meeting l'autore di Guida Steampunk all'apocalisse, Margaret Killjoy il quale presenta il seminario: Steampunk come Etica di Reality Hacking. Manipolare non solo un computer ma i pezzi della propria vita, immancabilmente incastrati con quella degli altri, agire sulla realtà, Intervenire. L'idea di non essere fruitori passivi delle tecnologie che ci capitano in mano ma di poterle aprire, cambiare. Ridistruibuire il modo in cui ciò viene fatto, tramandato, condiviso. Un hack è una soluzione, solitamente creativa. Per fare hacking bisogna avere strumenti aperti. Liberi, di qui la nascita del free software che è leggibile come una ricetta, tramandabile e modificabile. Come saper fare il pane, o la pasta, un orto, un dentifricio, un server, una comunità. l'Hackmeeting non ha mai pensato che fare hacking volesse solo dire far funzionare meglio una macchina, l'hacking non riguarda solo il computer. Gli hacker sono persone curiose, insofferenti nei confronti dell'autorità e dei sistemi chiusi, propense alla collaborazione e alla condivisione. Con tanta voglia di metterci le mani dentro e alzare un pò il minimo del sistema, economico, ecosociale, distributivo. Nei primi hackmeeting poteva forse bastare mettere lì la macchina aspettando che arrivasse un altro a collegare la sua, visto che l'obiettivo immediato era far funzionare un sistema operativo diverso. Il percorso negli anni è un stato un progressivo avvicinarsi alla realtà e di sperimentazione sui modi per interagici: Reality Hacking. I partecipanti sembrano sempre più parte della comunità, poca la gente stranita o perplessa al contatto cogli smanettoni, tutti oramai conoscono GNU/Linux o almeno ne hanno sentito parlare, ma sopratutto ne capiscono il valore, in questo senso il futuro si è avvicinato, l'idea di: hacker siamo tutti è oggi condivisibile senza pudori. Chiunque diventa hacker quando usa la sua intelligenza in modo creativo, e l'hackmeeting come da manifesto non ha organizzatori ma solo partecipanti. Non per questo sono mancati seminari tecnici, hardware e software. Si è parlato di IPv6 e dei protocolli di autenticazione. Ci sono stati seminari sulla crittografia quantistica e sull'uso dei sintetizzatori. How-To su come trasmettere audio video con free software (stream) e su come difendersi dalla profilazione in rete. Non sono mancati i classici corsi di introduzione a GNU/Linux e la sessione di lockpicking. C'è una cappa che pesa sulla società intera e la comunità acara italiana sente e protesta in modo vivace: l'aumento delle politiche del controllo, le limitazioni dettate dalla paura. Ad esempio la cosiddetta legge Pisanu come misura antiterrorismo vieta di collegarsi anonimamente ad Internet e dunque ostacola la diffusione delle reti senza fili. Si è parlato di come uno spazio di vita totalmente sorvegliato, tipico delle aree di guerra e di prigionia, porti la cittadinanza a perdere coscienza del proprio diritto alla privacy e con esso della propria dignità e dei propri diritti in generale, e se chi legge possiede degli anticorpi perché conosce e ricorda una società diversa, rifletta sul rischio che venga plasmata una futura generazione incapace di di rivendicare i propri diritti perché non saprà di averne. In questa direzione di rovesciamento della prospettiva il progetto Anopticon di mappatura delle telecamere di sorveglianza sul territorio urbano, il seminario-panoramica sui metodi di controllo passati e futuri e la presentazione di un progetto di faceblur, un software di prevenzione del riconoscimento facciale. Si è tenuto un corso base di elettronica, propedeutico al corso DIY sulla progettazione hardware e software di oggetti elettronici basati su microcontroller. Si è parlato di tecniche di realizzazione e utilizzo delle mappe geografiche in rete: mappatura degli orti urbani, cartografia dei territori in trasformazione della città, come gli edifici pubblici abbandonati o i luoghi oggetto di speculazione, qui la mappatura dal basso e condivisa è uno strumento di partecipazione per quella rete di soggetti impegnati sul territorio a tutelare i diritti del cittadino. C'è stato un seminario sul percorso storico della comunità hacker italiana, si è parlato di programmazione come narrazione e sono aumentati di numero e importanza rispetto agli scorsi anni i seminari DIY, Do It Yourself, sul come fare da soli e meglio. E dunque DIY erboristici, autoproduzione di rimedi officinali e detergenti, laboratorio di panificazione con pasta madre e autocostruzione di pale eoliche. Il tutto con cura, partecipazione e amore. Scambio e libera comunicazione.