Apparso (in versione ridotta) su D, inserto del quotidiano la Repubblica. L'intervista è stata trasmessa durante Vaciapaimouse, notturna di Radio Popolare Milano.
Gli hacker sono personaggi curiosi, insofferenti alle regole. Cercano il perché delle cose e sfidano l'autoritá quando impone comportamenti che ritengono ottusi, indagano e rendono pubbliche le falle del sistema. Un pó come fanno i giornalisti. Infatti EG è il nickname di un hacker che ha scelto di diventare personaggio pubblico e di svolgere un lavoro di riferimento per la comunitá hacker americana di cui è diventato il megafono, grazie alla rivista, ai programmi radiofonici, al documentario di denuncia e all'incessante lavoro di rivelazione di informazioni celate e di martellamento su questioni scomode ai grandi poteri economici. EG è il caporedattore della rivista trimestrale 2600 che ha oltrepassato i vent'anni di vita, conduce un programma radiofonico settimanale sulla WBAI di New York chiamato Off the Hook ed ha appena organizzato il sesto raduno hacker newyorkese H.O.P.E. (Hackers On Planet Earth). Hacker significa smanettone, nella traduzione italiana, e quanta simpatia in questo nomignolo evocatore di colui che s'arrangia, ce la mette tutta e alla fine riesce a sintonizzare la tv col videoregistratore; ma come tutti i vocaboli presi a prestito, hacker assume un significato proprio e dagli anni 80, con buona pace degli scienziati in camice bianco che hanno coniato il termine, diventa sinonimo di incursore o pirata.
Lo pseudonimo Emmanuel Goldstein viene dal romanzo 1984 di Orwell, è il protagonista della periodica ora d'odio a cui la popolazione veniva sottoposta, l'arcinemico del Grande Fratello. Richard Stallman, padre del software libero, definisce hacker: "colui che gode dello spirito dell'intelligenza giocosa" e tiene a precisare che se ci fosse bisogno di un termine spregiativo per designare il truffatore che usa gli strumenti degli hacker, si puó usare "cracker". Le parole sono importanti.
La comunitá hacker si occupa in generale di rendere sicuro un server GNU/Linux, di rimuovere spyware, di costruire comunitá reticolari e di scrivere e condividere codice, ma anche di diritti civili. Sono diversi i casi in cui Emmanuel ha fattivamente affermato che le informazioni devono essere libere o in cui ha difeso la libertá d'espressione. L'Ultima maglietta in vendita all'HOPE conference ne ricorda alcune, come la registrazione del sito fordsucks.com (tradotto suonerebbe come "al diavolo la Ford", per usare un eufemismo). Ford ha aperto una causa in tribunale, perdendola in conseguenza del primo emendamento della costituzione americana che difende la libertá d'espressione. A fine causa EG causa registrò fordreallysucks.com. L'aver pubblicato e diffuso il codice DeCSS, necessario a leggere i dischi DVD usando il sistema operativo GNU/Linux e scatenando le ire legali della MPAA (Motion Picture Association of America) che pretendeva di poter decidere su quale supporto i consumatori avrebbero usufruito dei DVD. La MPAA perse la causa quando un professore di informatica si presentó volontariamente a testimoniare al processo che il codice, scritto in linguaggio Perl, poteva benissimo essere tradotto in altri linguaggi tra cui l'inglese, e che dunque vietarne la diffusione era una limitazione della libertá d'espressione.
Ma l'evento forse piú rilevante è stato l'impegno profuso per la sensibilizzazione e la liberazione dell'hacker Kevin Mitnick, che nel 2002 era imprigionato da 5 anni senza processo. Mitnick si rese ripetutamente colpevole di intrusione nei computer di grandi corporations americane, non ne traeva profitto e lo faceva per dimostrare che era capace di farlo, oltre che ricavare i codici GSM coi quali ripetere le sue scorribande. Alcune compagnie peró denunciarono dei danni subiti, come la perdita dei segreti commerciali, per somme enormi. Mitnick fu braccato e demonizzato per un lungo periodo come "il pericolosissimo hacker" ed infine individuato via satellite triangolando la sua posizione e arrestato in diretta televisiva con l'intervento di elicotteri e reparti speciali. Il caso Mitnick fu un clamoroso caso di isteria mediatica in conseguenza della quale Mitnick passó diversi anni in prigione tra cui alcuni mesi in totale isolamento perché ritenuto estremamente pericoloso, il giudice prese alla lettera le parole della sua fidanzata, la quale alla domanda se Kevin fosse realmente un mago dell'informatica rispose che "Kevin sarebbe stato capace di fischiare per telefono i codici di partenza dei missili nucleari." Ricorda certi stralci dai processi dell'inquisizione secondo i quali una malcapitata poteva bloccare una gravidanza collo sguardo, oppure piú di recente la richiesta del procuratore al processo Charles Manson, che chiese ai giurati di volgere le spalle all'imputato durante le sue dichiarazioni, per non farsi influenzare dai diabolici occhi.
Un vago odore di zolfo uscí anche nel caso Mitnick, grazie alla campagna mediatica contro gli hacker, moderni maghi della tecnologia e utilissimi come capri espiatori "mi hanno bucato il computer, denuncio miliardi di danni, esentasse". Tecnica questa effettivamente usata dalla Sun, la quale denunció danni subiti in seguito alle incursioni di Mitnick di miliardi di dollari. Si capisce che di fronte a reati cosí ingenti vada ingigantito anche il reo, il quale potrebbe bloccare i mercati finanziari mondiali con un fischietto, far scoppiare una o piú guerre e scatenare la super-maxi pandemia globale, se solo lo volesse, battendo le mani a ritmo in una cornetta telefonica. Non so se esistono gli le streghe e gli stregoni, ma di sicuro esistono gli inquisitori. Kevin Mitnick oggi è libero ed ha ripreso un'attivitá lavorativa e molto lo deve ad EG e alla sua campagna di sensibilizzazione culminata col film-documentario "Freedom Downtime" che ripercorre gli avvenimenti mostrando come la sete di conoscenza sia stato il motore delle le azioni di Mitnick, e non la volontá di dolo.
Incontro EG nei locali della radio e chiaccheriamo in un internet cafe dell'East village a New York.
DS: puoi parlarci del tipo di gente che frequenta una conference come quella che si è appena svolta a New York? c'erano solamente programmatori?
EG: Oh, no. I programmatori sono sicuramente una parte importante ma anche atqtivisti, gente che disegna sistemi sociali, gente che ha trovato dei buchi di sicurezza e vuole condividerli col resto della comunitá e un sacco di gente creativa e curiosi. Molta gente è venuta solo vedendo il campanello di gente dalla strada e non aveva mai sentito parlare prima di hackers se non dai media mainstream. Sono entrati direttamente dalla strada di New York e imparano come funziona internet ma lo imparano dai nostri occhi, trovano degli hacker che glielo insegnano e questo lo trovo veramente brillante, è anche quello che cerchiamo di fare con Off the Hook, il nostro programma radiofonico: cerchiamo di raggiungere delle persone che stavano ascoltando la radio e che non hanno nessuna connessione con il mondo hacker. Ascoltano quello che abbiamo da dire, imparano come funziona la tecnologia tramite le nostre parole, penso che questo produca un cambiamente positivo e la voce corre.
DS: Una volta si diceva che gli hacker non si occupano di politica. Dopo Seattle, dopo il 911, la situazione è cambiata?
EG: Gli hackers hanno cominciato ad occuparsi di politica per necessitá. Questa societá sta toccandoci quotidianamente in modo nocivo: vengono fatte leggi che dichiarano illegale condividere musica o accedere alla tecnologia in modo diverso da quello previsto dal costruttore. La tecnologia digitale viene manipolata dalle corporation e dai governi, assistere a questi eventi è qualcosa che ti convince che è meglio essere cosciente delle leggi che vengono approvate a volte giornalmente. Dunque molta gente comincia a occuparsi di politica perché per far funzionare una macchina a modo loro devono tenere un orecchio verso quello che succede alla collinetta del governo, in quanto riguarda il fatto che tu possa usare o meno la tecnologia come desideri. Le cose si stanno complicando, ultimamente.
DS: Cosa è cambiato dopo il settembre 2001?
EG: beh, particolarmente la febbre patriottarda, la paura del terrorismo e via dicendo; a un certo punto gli hacker sono stati visti come terroristi in quanto la gente che non capisce come funzionano le cose è portata a credere che gli hacker dei computer possano fare qualsiasi cosa, che possano influenzare la rete per magia. Ogni volta che non capisci qualcosa tendi ad averne paura, inoltre oggi si tende a chiamare terroristici anche atti che vent'anni fa sarebbero stati letteralmente considerati offese minori, come il graffitismo o il vandalismo. Sono preoccupato pensando ai casi come quello di Mitnick che avverranno in futuro.
DS: Affinitá e divergenze tra la comunita hacker americana e quella europea?
EG: Ho visto per lo più affinitá. Ci si incontra in giro e si è tutti interessati a cose simili, la libertá delle informazioni, la condivisione delle conoscenze, e l'esplorazione. E' particolarmente gratificante incontrare gente come me nata in paesi, ambienti e culture completamente diversi ma vedere che condividiamo gli stessi interessi, cosí abbiamo costruito un legame con le persone che abbiamo incontrato e questo legame rimane ed è per questo che continuiamo a fare queste cose, l'intera conferenza ha ricevuto una grossa ispirazione dalle conferenze europee, in particolare da quelle olandesi.
DS: C'è qualcosa che vorresti dire ai lettori della rivista?
EG: E' una rivista specializzata (sugli hackers ndr) oppure ha un pubblico generalista?
DS: La rivista ha una general audience.
EG: In questo caso vorrei dire questo: Probabilmente hai sentito parlare di hacker dai mass media, vorrei invitarti a partecipare a una conferenza. Nei meetings come quello appena passato cerchiamo di dare alla gente la possibilitá di incontrarsi e possono incontrare degli hackers, vedere come sono fatti, di parlargli e farsene un'idea personale, deciderai tu se sono una minaccia per la societá o se ne sono la salvezza. Io credo che molte di queste persone siano la salvezza della societá, molti hanno delle conoscenze che possono essere utilizzate in modo estremamente positivo, dunque se ti prenderai il tempo e la possibilitá di venirci a trovare, vincendo le tue paure, senza preoccuparti del governo, potresti conoscerci ed imparare qualcosa, potresti tornare indietro con un nuovo punto di vista e una nuova esperienza. Questo è il succo della vita secondo me e mi auguro che un sacco di gente lo condivida.
Intervista a Emmanuel Goldstein
Registrazione audio del maggio 2006, andata in onda a Va a ciapà i mouse, trasmissione notturna di Radio Popolare Milano.
Emmanuel Goldstein e' uno dei membri piu' celebri della comunita' hacker americana, pubblica da piu' di venti anni una rivista chiamata 2600, conduce un programma radiofonico settimanale sulla WBAI di New York (una specie di sorella di Radio Popolare Milano) chiamato "Off the Hook" ed organizza e partecipa al raduno hacker newyorkese H.O.P.E. (Hackers On Planet Earth).
Recentemente Emmanuel ha realizzato un film-documentario per divulgare la storia di Kevin Mitnick, hacker demonizzato dai media e che si trovava in prigione da diversi anni per aver "rubato" informazioni pur senza averle utilizzate per profitto. "Freedom Downtime" racconta la sua singolare storia cercando di puntualizzare come la sete di conoscenza sia stato il motore per le azioni di Mitnick, e non la volonta' di dolo. Infatti la comunita' hacker di cui Emmanuel e' un efficace megafono e' particalrmente ludica e curiosa ed ama mantenere e giocare sull'aspetto misterioso; si occupa in generale di cose come di rendere sicuro un server gnu/linux, di rimuovere spyware, di costruire comunita' reticolari, di affermare che le informazioni devono essere libere oltre che di scrivere e condividere codice. Ci incontriamo alla radio e chiaccheriamo dopo una pizza in un internet cafe dell'east village.
DS: Succedera' qualcosa di importante a New York City in Luglio?
EG: Si, si chiama "HOPE numero 6" e si svolgera' a NYC il 21, 22 e 23 di Luglio.
DS: dicci qualcosa di questo evento
EG: beh, e' una gigantesca conferenza hacker che si svolge ogni piu' o meno ogni due anni a New York; viene gente da ogni parte del mondo per condividere storie e parlare di varie cose: telefonia, computer, robotica.. tutte quelle cose che interessano agli hackers.
DS: e' probabile che qualche hacker non americano si faccia venire dei dubbi prima di venire visto che la dogana americana raccoglie le impronte digitali di tutti i viaggiatori.
EG: la gente ha sempre un po' paura a confrontarsi colle nuove leggi che sono appena passate, come quella di lasciare uno scan delle impronte digitali agli Stati Uniti, ma penso che se prendi questo troppo seriamente e stai lontano per questo motivo, allora lasci che vincano i cattivi, perche' lasci che ti impediscano di fare quello che vorresti fare, non incontri gente e non condividi informazioni solamente per non lasciare la tua impronta.. sai, abbiamo paura anche noi che siamo qui in questo paese dove avvengono ogni genere di cose pessime. ma rimaniamo e lottiamo e continuiamo a confrontarci col sistema appena possiamo. a volte dobbiamo fare delle cose che non vorremmo fare per poter continuare la lotta. Dunque, se sei in Italia, o in altre parti d'europa, quello che posso dirti e "ok, vogliono le tue impronte ma e' un piccolo prezzo da pagare per venire qui e incontrare gente come te, imparare cose, incontrare amici e cambiare la tua vita e un giorno forse cambiare l'intero sistema".
DS: Non e' la prima volta che organizzi la HOPE conference (in effetti e' la sesta) hai mai ricevuto pressioni di qualche tipo? ci sono stati tentativi di censura?
EG: beh, e' difficile fare qualcosa di cosi' grosso nel cuore di NYC, ma lo stiamo facendo dal 1994 e non posso dire di avere avuto esperienza di censura. Ci siamo trovati a lavorare con costrizioni di tipo logistico o finanziario ma siamo stati sempre abbastanza liberi di esprimerci. Il nostro limite e' la nostra immaginazione, chiunque puo' venire qui ed aiutarci a costruire qualcosa, siamo aperti a chiunque, da qualunque parte del mondo. Abbiamo lo spazio, la voglia e i mezzi.
DS: HOPE e' cresciuto molto durante gli anni?
EG: Si, stiamo migliorando. La prima conferenza si e' svolta nel 1994, ora siamo alla sesta e credo che stiamo diventando sempre piu' organizzati, facciamo le cose in tempo, cominciamo a rivedere delle persone. Ogni volta e' un pochino piu' facile, ma cerchiamo anche ogni volta di fare qualcosa di nuovo e di crescere dunque ogni volta troviamo cose nuove da affrontare, appena sappiamo fare bene una cosa ne cerchiamo un altra da fare. in ogni caso e' un processo di crescita continuo.
DS: Come si fa a partecipare attivamente alle conferenze?
EG: mandando una e-mail a speakers@2600.com con un'idea, un intervento, una lettura o qualcosa da discutere. Se interessa lo includiamo. Saranno tre giorni pieni di conferenze molto diverse tra loro, con idee e nuove prospettive sulla tecnologia.
DS: la partecipazione alle conferenze e' riservata solo ai programmatori?
EG: Oh, no. I programmatori sono sicuramente una parte importante ma anche attivisti, gente che disegna sistemi sociali, gente che ha trovato dei buchi di sicurezza e vuole condividerli col resto della comunita' e un sacco di gente semplicemente creativa e curiosi. Molta gente viene solo perche' vede le riunioni dalla strada e non ha mai sentito parlare prima di hackers se non dai media mainstream ed entrano direttamente dalla strada di new york e imparano come funziona internet ma lo imparano dai nostri occhi, trovano degli hacker che glielo insegnano e questo lo trovo veramente brillante; e' anche quello che cerchiamo di fare con Off the Hook, il nostro programma radiofonico: cerchiamo di raggiungere delle persone che stavano ascoltando la radio e che non hanno nessuna connessione con il mondo hacker. Ascoltano quello che abbiamo da dire, imparano come funziona la tecnologia tramite le nostre parole e penso che questo produca un cambiamente positivo, e la voce si diffonde.
DS: Una volta si diceva che gli hackers non si occupano di politica. Dopo Seattle, dopo il 911, la situazione e' cambiata? Forse e' la politica che si occupa degli hackers? EG: Gli hackers hanno cominciato ad occuparsi di politica per necessita'. Questa societa' sta toccandoci quotidianamente in modo nocivo: vengono fatte leggi che dichiarano illegale condividere musica o accedere alla tecnologia in modo diverso da quello previsto dal costruttore. La tecnologia digitale viene manipolata dalle corporations e dai governi, assistere a questi eventi e' qualcosa che ti convince che e' meglio essere cosciente delle leggi che vengono approvate a volte giornalmente. Dunque molta gente comicia a occuparsi di politica perche' per far funzionare una macchina a modo loro devono tenere un orecchio verso quello che succede alla collinetta del governo perche' riguarda il fatto che tu possa usare o meno la tecnologia come desideri. Le cose si stanno complicando, ultimamente.
Q: Cosa e' cambiato specificatamente dopo il 2001?
A: beh, particolarmente la febbre patriottarda, la paura del terrorismo e via dicendo; a un certo punto gli hacker sono stati visti come terroristi in quanto la gente che non capisce come funzionano le cose e' portata a credere che gli hackers dei computer possano fare qualsiosi cosa, che possano influenzare la rete per magia. Ogni volta che non capisci qualcosa tendi ad averne paura, inoltre oggi si tende a chiamare terroristici anche atti che vent'anni fa sarebbero state chiamate furbate (mischief, letteralmente "offesa minore" es: graffitismo, vandalismo). Sono preoccupato pensando ai casi come quello di Mitnick che avverranno in futuro.
DS: L'Estate scorsa sei stato in europa per un hackmeeting in Germania. Affinita' e divergenze tra la comunita hacker americana e quella europea?
EG: Ho visto per lo piu' affinita'. Ci si incontra in giro e pare essere tutti interessati a cose simili, la liberta' delle informazioni, la condivisione delle conoscenze, esplorazione ed anche un poco di mischief. E' particolarmente gratificante incontrare gente come me nata in paesi ed ambienti e culture completamente diversi ma vedere che condividiamo gli stessi interessi, cosi' abbiamo costruito un legame con le persone che abbiamo incontrato e questo legame rimane ed e' per questo che continuiamo a fare queste cose, l'intera conferenza ha ricevuto una grossa ispirazione dalle conferenze europee, in particolare da quella olandese.
DS: C'e qualcosa che vorresti dire ai lettori della rivista?
La H.O.P.E. conference si svolgera a' New York City, Hotel Pennsylvania il 21, 22 e 23 Luglio 2006. http://www.hopenumbersix.net/