Hack IT 2010

di Daniele Salvini, per il manifesto del 4 luglio 2010


Hack IT 2010

Scambio e libera comunicazione: sono le parole utilizzate nel definire il primo
Hack-It nel 98. Il tredicesimo incontro della comunità acara italiana che si
conclude oggi al Centro Sociale La Torre di Roma ha visto tanto di entrambe. In
una cornice diversa però, uno spazio non industriale in quanto non cementato,
dedicato all'autogestione e alla formazione, attento alla produzione del cibo e
all'ecologia dello spazio, sapone autoprodotto e bicchieri da birra in
mais. Spazi verdi e fresca bellezza estiva. Si è parlato come gli altri anni di
controllo, di elettronica, di media, di autoproduzione. Sempre più seminari
trattano della conservazione dell'ambiente, di riciclo e decrescita,
alimentazione dal basso ed autocostruzione. E ragionare sul -come- sopravvivere
alla catastrofe è un ottimo modo di sperimentare. E' presente al meeting
l'autore di Guida Steampunk all'apocalisse, Margaret Killjoy il quale presenta
il seminario: Steampunk come Etica di Reality Hacking. Manipolare non solo un
computer ma i pezzi della propria vita, immancabilmente incastrati con quella
degli altri, agire sulla realtà, Intervenire. L'idea di non essere fruitori
passivi delle tecnologie che ci capitano in mano ma di poterle aprire,
cambiare. Ridistruibuire il modo in cui ciò viene fatto, tramandato,
condiviso. Un hack è una soluzione, solitamente creativa. Per fare hacking
bisogna avere strumenti aperti. Liberi, di qui la nascita del free software che
è leggibile come una ricetta, tramandabile e modificabile. Come saper fare il
pane, o la pasta, un orto, un dentifricio, un server, una comunità.
l'Hackmeeting non ha mai pensato che fare hacking volesse solo dire far
funzionare meglio una macchina, l'hacking non riguarda solo il computer. Gli
hacker sono persone curiose, insofferenti nei confronti dell'autorità e dei
sistemi chiusi, propense alla collaborazione e alla condivisione. Con tanta
voglia di metterci le mani dentro e alzare un pò il minimo del sistema,
economico, ecosociale, distributivo. Nei primi hackmeeting poteva forse bastare
mettere lì la macchina aspettando che arrivasse un altro a collegare la sua,
visto che l'obiettivo immediato era far funzionare un sistema operativo
diverso. Il percorso negli anni è un stato un progressivo avvicinarsi alla
realtà e di sperimentazione sui modi per interagici: Reality Hacking.
I partecipanti sembrano sempre più parte della comunità, poca la gente stranita
o perplessa al contatto cogli smanettoni, tutti oramai conoscono GNU/Linux o
almeno ne hanno sentito parlare, ma sopratutto ne capiscono il valore, in questo
senso il futuro si è avvicinato, l'idea di: hacker siamo tutti è oggi
condivisibile senza pudori. Chiunque diventa hacker quando usa la sua
intelligenza in modo creativo, e l'hackmeeting come da manifesto non ha
organizzatori ma solo partecipanti. Non per questo sono mancati seminari
tecnici, hardware e software.
Si è parlato di IPv6 e dei protocolli di autenticazione. Ci sono stati seminari
sulla crittografia quantistica e sull'uso dei sintetizzatori. How-To su come
trasmettere audio video con free software (stream) e su come difendersi dalla
profilazione in rete. Non sono mancati i classici corsi di introduzione a
GNU/Linux e la sessione di lockpicking.
C'è una cappa che pesa sulla società intera e la comunità acara italiana sente e
protesta in modo vivace: l'aumento delle politiche del controllo, le limitazioni
dettate dalla paura. Ad esempio la cosiddetta legge Pisanu come misura
antiterrorismo vieta di collegarsi anonimamente ad Internet e dunque ostacola la
diffusione delle reti senza fili. Si è parlato di come uno spazio di vita
totalmente sorvegliato, tipico delle aree di guerra e di prigionia, porti la
cittadinanza a perdere coscienza del proprio diritto alla privacy e con esso
della propria dignità e dei propri diritti in generale, e se chi legge possiede
degli anticorpi perché conosce e ricorda una società diversa, rifletta sul
rischio che venga plasmata una futura generazione incapace di di rivendicare i
propri diritti perché non saprà di averne. In questa direzione di rovesciamento
della prospettiva il progetto Anopticon di mappatura delle telecamere di
sorveglianza sul territorio urbano, il seminario-panoramica sui metodi di
controllo passati e futuri e la presentazione di un progetto di faceblur, un
software di prevenzione del riconoscimento facciale. Si è tenuto un corso base
di elettronica, propedeutico al corso DIY sulla progettazione hardware e
software di oggetti elettronici basati su microcontroller. Si è parlato di
tecniche di realizzazione e utilizzo delle mappe geografiche in rete: mappatura
degli orti urbani, cartografia dei territori in trasformazione della città, come
gli edifici pubblici abbandonati o i luoghi oggetto di speculazione, qui la
mappatura dal basso e condivisa è uno strumento di partecipazione per quella
rete di soggetti impegnati sul territorio a tutelare i diritti del
cittadino. C'è stato un seminario sul percorso storico della comunità hacker
italiana, si è parlato di programmazione come narrazione e sono aumentati di
numero e importanza rispetto agli scorsi anni i seminari DIY, Do It Yourself,
sul come fare da soli e meglio. E dunque DIY erboristici, autoproduzione di
rimedi officinali e detergenti, laboratorio di panificazione con pasta madre e
autocostruzione di pale eoliche. Il tutto con cura, partecipazione e
amore. Scambio e libera comunicazione.

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